Solamente la fioca e asettica
luce del monitor illuminava la piccola stanza. Una densa nube di fumo mi
avvolgeva, mentre navigavo incerto in un mondo virtuale, curiosando qua e la
fra il vecchio e il nuovo. Era una frizzante serata primaverile, la stagione
della rinascita, nella nuova casa della pianeggiante campagna ferrarese.
Proprio quella sera, ignaro di tutto ciò che sarebbe accaduto, intrapresi l’obbligato
viaggio verso me stesso.
Con un po’ di timore e
un’insistente e prepotente curiosità, digitai con mani tremule le fatidiche tre
lettere taboo: gay.
Avevo ventuno anni, trascorsi
lentamente in modo socialmente accettabile, e la parte che fino ad allora avevo
fortemente represso, costringendola a fatica nell’angusto ripostiglio
dell’animo stava per esplodere, ero perfettamente cosciente che nessuno,
neppure io, avrei potuto fermare l’impeto della natura, che stava fortemente
reclamando il proprio diritto d’esistere e di esprimersi liberamente.
Installai un programma di
chat estremamente semplice e davanti a me si spalancò la porta di un nuovo
mondo. Come un neonato mi muovevo a gattoni tra quelle stanze inesistenti,
popolate da sconosciuti naviganti che parevano farsi trascinare dalle correnti.
Milioni di lettere, parole, concetti ed espressioni a me nuovi, comportamenti
strani e richieste altrettanto inconsuete.
Non ero in grado di
rapportarmi agli altri in maniera normale, avevo un’insana timidezza
amplificata, che spesso si trasformava in ansia e paura, forse perché troppe
volte in passato, le parole e i gesti di persone non propriamente gentili,
avevano fatto in modo che la mia autostima andasse a scemare, invece di
accrescersi. La mia fisicità, non certamente statuaria, il volto che non
esprimeva bellezza e i miei modi timidi mi avevano sempre creato problemi e
malesseri.
La chat era il miglior modo
per comunicare, senza dover vivere il disagio della timidezza, senza mettersi
troppo in gioco, avevo la possibilità di fuggire se fosse stato necessario e la
sicurezza della protezione del mio rifugio.
Quanta gente! Quanti nick!
Nervosamente scelsi uno pseudonimo molto chiaro, Luca78Fe, nome, età e
provenienza.
Mi accorsi che la maggior
parte di nick aveva la particolarità di definire anche le preferenze sessuali,
quella strana precisazione mi lasciò perplesso, o meglio, quasi disgustato.
Annunci chiari e decisi, spesso di cattivo gusto. Tutto ciò mi metteva
nuovamente a disagio, mi chiedevo quale fosse il motivo che spingeva molti a
un’esasperata ed esasperante ricerca di sesso, senza soffermarsi su altro, come
invece volevo fare io. Le vuote parole che scorrevano velocemente davanti ai
miei occhi, non esprimevano alcun sentimento, erano finalizzate solamente
all’appagamento della sfera sessuale, tralasciando l’interiorità.
Nei giorni seguenti divenne una vera mania,
dipendenza totale da chat, come se avessi bisogno di respirare quell’ossigeno
artificiale emanato da tutte quelle persone che tanto mi disgustavano eppure mi
attraevano. Puntualmente, rientrato dal lavoro, mi precipitavo verso il
computer, facevo le scale che conducevano al piano superiore a tre a tre, come
un assetato nel deserto che aveva trovato la tanto agoniata oasi. Passavo anche
dieci ore a sera scrutando quelle gemelle successioni di lettere, scoprendo
così anche nuovi termini linguistici di settore, mangiavo sulla scrivania per
non perdere neppure un attimo di quella strabiliante novità.
Quanti discorsi si facevano e
quante volte dovevo ripetere al nuovo contatto di turno le stesse cose, mi
piaceva raccontarmi e nel farlo mi riscoprivo in una nuova veste. Proprio io,
duro, precisissimo a livelli patologici, giustizialista e giudice di tutti, con
quell’atteggiamento sprezzante e di superiorità, mi stavo lentamente scoprendo,
quel caratteraccio si stava trasformando in qualcosa di veramente nuovo e
inaspettato.
La chat era il primo timido
passo per poter selezionare, conoscere e trovare ciò che stavo cercando, ma
cosa stavo cercando?
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